L’Oro per Loro – Diario di Viaggio di Rosalba Mirci

Benvenuti a Mindoro, un’isola di contrasti e semplicità, dove progetto “L’Oro per Loro” prende vita tra le comunità che ci hanno accolto con affetto. 

Questo diario di viaggio è una finestra su un mondo che chiede di essere ascoltato e compreso.

“ASA,” in tagalog significa speranza. Qui la speranza si manifesta in gesti concreti, nelle piccole cose capaci di fare una grande differenza. 

È un impegno quotidiano: nei quaderni per la scuola, nei sacchi di semi per i campi. A Mindoro l’essenziale diventa sostegno reale.

Questo viaggio è un invito a conoscere da vicino le storie che costruiscono “L’Oro per Loro”.

 

Ottobre 2023 – L’Inizio del Viaggio

Accoglienza

In volo con me, Suor Rosanna non faceva che ripetermi che a Mindoro era tutto molto semplice. Sorrideva, quasi a voler prepararmi a un mondo senza fronzoli, dove l’essenziale prende il posto del superfluo. All’arrivo, l’aeroporto mi ha dato subito un assaggio di questa semplicità: il terminal degli arrivi è poco più grande di una stanza, senza un nastro bagagli o la confusione tipica degli arrivi. Le valigie venivano passate direttamente da una finestrella, con la pista a pochi metri di distanza, senza formalità.

Al parcheggio ci aspettavano Suor Cle, Suor Aldine e un autista con un furgoncino un po’ vissuto, ma accogliente. I volti delle suore esprimevano un’accoglienza genuina, un po’ curiosa e affettuosa, mentre ci incamminavamo verso la missione. La strada che abbiamo percorso è diventata, da quel primo giorno, una sorta di ponte tra due mondi, il mio e quello che stavo per conoscere.

L’Inizio del Progetto – Un Anno di Speranza

Il progetto “L’Oro per Loro” è attivo da un anno. Abbiamo riportato a scuola oltre 300 bambini che avevano abbandonato gli studi durante la pandemia e raggiunto in totale un migliaio di bambini, distribuendo materiale scolastico, kit igienico-sanitari, scarpe, zaini, quaderni, ombrelli. Abbiamo allestito una piccola clinica che offre un primo accesso gratuito alle cure mediche di base.

Nel frattempo, il progetto ha sostenuto la creazione di allevamenti di polli, capre e maiali. Con la peste suina che ha colpito il paese, purtroppo, tutti i maiali sono morti. È stato necessario procedere alla bonifica degli allevamenti e alla loro riconversione. Gli allevatori, fiduciosi, hanno scelto di puntare sulle capre, mentre uno di loro ha deciso di scommettere sui polli.

Abbiamo intensificato l’agricoltura su venti fondi agricoli, presi in affitto e sostenuti dal progetto. Qui vengono coltivati riso, patate e cipolle, offrendo un sostegno tangibile a famiglie che faticano ogni giorno per garantire un pasto ai propri cari.

Asa. Speranza. È questo che speriamo di portare: una speranza concreta, da vedere e toccare anche nelle piccole cose, capaci di fare una grande differenza per chi ha così poco

2 novembre 2024 – Il Ritorno

Il Ritorno a Mindoro – Un’Isola Immobile nel Tempo

Sono arrivata a Mindoro in una calda giornata di sole. Mindoro mi appare ancora col suo fascino esotico di luogo lontanissimo dall’Occidente capitalista e consumista al quale sono abituata. L’isola sembra sormontata da una cappa che la custodisce identica nel tempo. Come l’anno scorso il clima è dominato dalle piogge. I tifoni sono ormai lontani. Il panorama mi si presenta identico, immerso nel verde onnipresente dei tropici. Questo luogo non sembra essere scalfito dal trascorrere del tempo.

Lungo la strada principale, per la festività dei morti, vedo un po’ più di vita: bancarelle di fiori e caramelle, piccoli segnali che ricordano le tradizioni in un contesto segnato dalla povertà, i cui segni, qui, si colgono a prima vista. Strade in terra battuta, capanne, bambini a piedi scalzi. È una povertà non ha nulla di folkloristico, niente che possa tradursi in una cartolina per turisti. È una miseria dall’aspetto crudo, senza filtri, un colpo al cuore che lascia dentro un nodo di tristezza.

Tra le bancarelle, spiccano però dettagli che stridono con l’ambiente: un McDonald’s e un punto vendita Avon. Mi colpisce l’ironia di questi simboli del consumismo, immersi in un contesto che pare essere stato dimenticato dallo sviluppo. Sono contrasti che amplificano la distanza tra il mondo industrializzato e questa realtà: il consumismo globalizzato e la povertà locale, qui, sembrano toccarsi, ma sono in realtà lontanissimi.

San José – Segni di Presenza

Appena fuori dall’aeroporto, all’ingresso di San José, mi accoglie un arco con la scritta “Benvenuti,” eretto da una delle organizzazioni di servizio locali, e il simbolo della città, frutto del contributo di un’altra associazione. Mi fermo un attimo a riflettere: sono segni di presenza, testimonianze visibili di chi desidera contribuire a questa comunità. Eppure, mi chiedo quanto questi gesti possano realmente lasciare un’impronta profonda, capace di accompagnare la quotidianità di chi vive qui.

Mother Catherina School – Un Abbraccio Ritrovato

Siamo poi arrivate alla Mother Catherina School, il cuore pulsante di questa comunità e del progetto “L’oro per loro”. Un lungo viale verde ci accoglie e ci accompagna fino all’ingresso della missione, dove le suore e le ragazze mi vengono incontro con abbracci affettuosi. Ovviamente si ricordano di me, ma sono sorpresa dai loro sorridenti “bentornata!”.

Anche qui, tutto è esattamente come lo avevo lasciato: il chiostro con il laghetto e i pesci che nuotano tranquilli, la sala mensa con le tende verde acqua. C’è silenzio, una pace che si percepisce in ogni angolo. Oggi è sabato e non ci sono lezioni; solo il lavoro silenzioso di questa meravigliosa comunità, che si muove con discrezione e armonia.

Mindoro non si racconta con immagini da cartolina, né con gesti di circostanza. È una realtà che chiede un ascolto profondo, al di là dei simboli e degli slogan. Tornare qui è come ritrovare un pezzo di me stessa e del progetto, immerso nella semplicità e nell’impegno quotidiano.

Tilaga e Santa Teresa – Tra Villaggi e Sorrisi

Prima tappa: scuole di Tilaga e di Santa Teresa, dove ci sono 282 bambini nelle classi di recupero finanziate del progetto. Mi hanno accolta con collane di fiori e la richiesta del gesto della benedizione: prendono la tua mano e se la poggiano sulla fronte, un segno di rispetto che mi tocca profondamente.

282 collane di fiori, 282 manine da stringere. Tutti sfoggiavano con orgoglio il tesserino del progetto.

Tramite Suor Rosanna, che fa da traduttrice, mi raccontano quanto sono felici di frequentare la scuola. Sognano di fare l’insegnante, il dottore, il poliziotto. Uno vuole fare il marinaio: i marinai sono ricchi, dice.

Comunichiamo loro che presto riceveranno uno zainetto con tutto l’occorrente per studiare: quaderni, penne, colori a cera e a tempera, forbici, scotch e portacolori rosa con le principesse per le bambine e azzurri con i supereroi per i maschietti.

Le suore, moltiplicatrici di speranza, sono riuscite anche a trovare dei pacchetti di colori in più per i fratellini più piccoli che ancora non vanno a scuola. Quando questi l’hanno saputo, hanno esultato, e i loro occhi vispi brillavano di gioia.

Poi, intonano un canto scritto da loro: “Grazie ASA che ci permetti di studiare. Con ASA imparare è più bello!” I leader dei villaggi mi hanno accolta con orgoglio, fieri del loro lavoro, e le madri finalmente sorridevano. Ho stretto la mano a ciascuna di loro: donne che la vita ha schiaffeggiato in malo modo, che vedono nei figli una possibilità di riscatto.

Le insegnanti sono dolcissime, forti e fiere. Non si contano le foto che le famiglie dei bambini hanno voluto fare con me. Pensano che sia un onore avere sul telefonino una foto con “l’occidentale del progetto.”

Lungo il tragitto per raggiungere i villaggi, ho rivisto le baracche di lamiere. Davanti a molte di esse lunghe teorie di panni stesi ad asciugare. Qui il raccolto di riso è preceduto dall’asciugatura dei chicchi, che vengono stesi sull’asfalto caldo, nella speranza che non piova. È una scena che colpisce: un’attesa sospesa, affidata alla clemenza del tempo.

Gli uomini si siedono all’ombra sul ciglio della strada, tenendo d’occhio il riso steso, con uno sguardo accigliato, perso nel vuoto. Mi domando cosa pensino, cosa sperino, dietro quegli occhi stanchi.

In questi villaggi, dove il necessario è ridotto a meno che all’osso, si trovano spesso una chiesa o una cappella. In mezzo a tanta povertà, è necessario un simbolo che custodisca la fede e dia a questa gente una ragione per continuare.

Ogni tanto scorgiamo un campetto da basket, un piccolo spazio pensato per i bambini, per regalare loro un momento di svago. Peccato che spesso manchi la palla, ma pare che questo “dettaglio” non spenga il loro entusiasmo. Ne ho visti due seduti su una panchina, intenti a guardare forse delle figurine, ridacchiando e prendendosi in giro. I bambini sono bambini, in tutto il mondo. Troveranno sempre un modo per ridere, per inventare un gioco anche dal nulla, per vivere ogni attimo con quella leggerezza che solo loro possiedono, anche quando tutto intorno sembra farsi difficile.

Il Ritorno alla Missione

Siamo tornati alla Missione a San José. Ad attenderci c’erano zuppa, riso e pansit, un piatto tipico filippino a base di noodles sottili saltati in padella con carne e verdure. Suor Cle li prepara in maniera egregia.

Dopo cena, ci siamo fermati a guardare le stelle. 

Oggi abbiamo esaudito qualche desiderio.